Ho sempre considerato Franco Califano un poeta e non solo un cantautore, oppure un cantante, oppure un personaggio che ha alimentato le cronache dai colori più variegati. L’aspetto più importante per me erano i suoi versi, quelli con cui sapeva raccontare il suo vivere, l’essenza dell’avventura umana. Ogni parola che ha scritto la sento figlia di qualcosa che ha vissuto o delle emozioni che lo hanno attraversato. Mi piacevano la sua voce piena di ruggine e il suo modo di cantare irrituale. Le sue canzoni in forma di monologo, ma anche le altre, nel suo cantare diventano pezzi di teatro. Sembrava che il suo poetar cantando arrivasse dalle sorgenti che videro nascere la bellezza della poesia. Una volta mi disse, con la sua ironia sanguigna, che il suo verso “Tutto il resto è noia” aveva battuto per popolarità “M’illumino d’immenso” di Ungaretti. E aggiunse: “Uno a zero”.
L’ultima volta che lo incontrai mi feci scrivere su un foglio i versi che preferisco, tratti dal brano Un tempo piccolo che scrisse insieme ad Antonio Gaudino e Alberto Laurenti: “Dipinsi l’anima su tela anonima”. Il più bell’autoritratto che un poeta si possa regalare!
Vincenzo Mollica, giornalista
2014
Testimonianze